Non ti lusinghi la crudeltade ноты

Non ti lusinghi la crudeltade ноты

Viva Vivaldi! — aries and concertos with Cecilia Bartoli
Год выпуска: 2000
Жанр: классика
Продолжительность: 01:46:31
Режиссер: Brian Large
В ролях: Cecilia Bartoli
Качество: DVDRip
Формат: AVI
Видео кодек: XviD
Аудио кодек: MP3
Видео: 640×368 (1.74:1), 25 fps, XviD build 50

1704 kbps avg, 0.29 bit/pixel
Аудио: 48 kHz, MPEG Layer 3, 2 ch,

Il Giardino Armonico

Giovanni Antonini — Conductor and Flautino Soloist
Enrico Onofri — Concert Master, Violins
Marco Bianchi (III) — Violins
Luca Pianca — Lute
Maria Grazia D’Alessio — Oboe
Marco Scorticati — Flute
Alberto Guerra — Bassoon
Elena Russo — Cello
Riccardo Doni — Harpsicbord
Stefano Barneschi — Violin
Liana Mosca — Violin
Daniela Nuzzoli — Violin
Alberto Stevanin — Violin
Maria Cristina Vasi — Violin
Gianni Maraldi — Viola
Marco Testori- Cello
Vanni Moretto — Double Bass

1. Di due rai languir costante 7:53
2. Siam navi all’onde algenti 7:50
3. Non ti lusinghi la crudeltade 8:36
4. Gelosia, tu gia rendi l’amla mia 4:16
5-7. Concerto in C major for flautino 9:44
8. Domine deus 5:40
9. Armatae face et anguibus 4:24
10. Zeffiretti che sussurrate 9:40
11-13. Concerto in D major for lute 9:44
14. Gelido in ogni vena 14:37
15. Anch’il mar par che sommerga 6:05
16. Dite, oime 5:41
17. Agitata da due venti Sventurata navicella 7:14
18. Sventurata navicella 2:09

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Тема: Либретто Tito Manlio! Кто возьмётся перевести.

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Либретто Tito Manlio! Кто возьмётся перевести.

Dramma per musica in tre atti su libretto di Matteo Noris.
Musica di Antonio Vivaldi

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ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Tempio con altare.
Tito Manlio con littori, Manlio, Lucio, Servilia, Vitellia, Decio, Soldati e Popolo.
Tito
Popoli chi è Romano, e chi di Roma
Sostien la fede, e il divin culto adora;
Or, ch’a Dite profonda,
Del Mondo la Reina
Sù gl’Altari consacra Ostie, e profumi,
Giuri d’Abisso ai Numi,
Abborrir de Latini
Gente ch’a noi rubella oggi si scopre,
Il nome ancora, e lo dimostrin l’opre.
Primo io vado all’Altare;
Voi del mio Cor seguite
L’opra divota, e ‘l giuramento udite.
A voi del basso Averno
Deità riverite,
A te di tre sembianti
Ecate Stigia: a te ò Tartareo Giove,
Giuro di chi è Latino
Abborrir fino il nome.
Giuro l’odio, e la guerra; e sovra questa
Lapide ch’il mio piede
Sacra preme, e calpesta,
Giuro votar del Sangue dei Rubelli
Con labbra sitibonde a voi Inante
Colma tazza spumante.
Tito Giura, Io son Tito, e son Romano;
Pegno del cor, che giura, ecco la mano.
Decio
Quanto Tito ora giurò,
Giura armata ogni Falange;
Lucio
Giura ancor Lucio Latino
Servilla
(Lucio amor?)
Lucio
(Ch’il Dio Bambino
Per quel volto, ahi, mi piagò!)
Manlio
Di Flegetonte al Nume
Porto la destra anch’io; stampo con essa,
O Padre, o Roma, in questo
Solenne venerabile momento
Della tua sù i vestigi il giuramento.
Tito
Per le Romane Vergini tu ancora
Vanne ò Figlia, ò Vitellia; e per le Spose
Vada Servilia.
Servilia
Ad Eaco.
Vitellia
In su gl’Altari
Servilia
Altre portino il piede
Vitellia
Altre stendan la mano,
Servilia
Ch’al Nume io non m’accosto
Vitellia
Io m’allontano.
Lucio
(Dei che sento!)
Tito
(Vitellia
Giurar anche ricusa?) Immantinente
Parta dal Suol Romano
Chi tiene Alma Latina; e in questo punto
Sciolto col Figlio Manlio
Il vicino Imeneo, seco non porte
Dal Ciel di Roma il nome di Consorte.
Manlio
(Destin!)
Servilia
(Sarò di morte)
Tito
Ma, Vitellia tu ancora
Rubella della Partia
Latina ti dichiari?
Di la cagione:
Taci! e nulla rispondi
Il saprà TIto: il saprà Roma: Lucio.
Ne Regi alberghi alla tua fede
Darem l’onor condegno.
Tu al mio sguardo t’invola, e tu al mio sdegno.
Vitellia e Servilia
(Di fortuna crudel son fatta segno).
SCENA II
Tito, e Manlio, e Servilia in disparte
Tito
Manlio
Manlio
Mio Genitore.
Tito
Vattene vesti l’armi, e de Nemici
Gl’Ordini osserva, il Sito, e le Falangi;
Ma non pugnar, e sfuggi
I cimenti, e gl’inconrti;
Che questa a Cavalier, ch’il brando regge,
Del Senato, e del Console è la legge.
Se il cor guerriero
T’invita all’armi
Pensa alla legge, e al tuo dover.
Sfuggi il cimento
Della Battaglia
Ne ti lusinghi vano piacer.
Se il cor &c.
SCENA III
Servilia e Manlio
Servilia
Ah Manlio
Manlio
Mia Servilia
Servilia
Lasciami traditor; se a i numi inferni
L’odio contro a Latini
Qui giurasti rubelle
Dell’Amor mio, della mia fiamma antica
Tua Sposa io più non son, ma tua nemica.
Manlio
Dolce mio ben, perdona;
La Patria, il Genitore,
Il Senato, la Legge,
Guidar la mano, il piede
E di Romano il debito, e la fede.
servilia
E la mia fede, ò ingrato? E l’amor mio?
Manlio
E la tua fede d’Amante!
E l’affetto di moglie!
Ah Servilia, tu all’or, che ricusasti
D’esser Romana, all’Imeneo maturo
Spezzasti le Catene
Ammorzasti le faci, e non giurando
Sul venerato Altare mi togliesti
Baciar que lumi ardenti.

Servilia
(O mie tiranne Stelle!)
Manlio e Servilia
O Giuramenti.
Servilia
Dunque a me più non sei
Ne marito, ne amante
M’odii come nemica;
Servilia più non ami;
Addio.
Manlio
Cosa tu parti?
Servilia
Di Legge al partir mio
La Patria, e Tito.
Manlio
Addio Servlia
Servilia
Addio.
Senza Manlio, ch’adoro,
Che mai farò?
Manlio guarda Servilia, poi tra sé
Manlio
Che mai farò senza Servilia?
Manlio e Servilia
Astri inclementi!
Servlia
Manlio.
Manlio
Servilia
Servilia
(O stelle!)
Manlio e Servilia
O giuramenti!
Manlio
(Ma di beltà nemica
Ancor m’aretro a i pianti!)
Servilia, io parto:
Servilia
Ed io?
Manlio
Tu qui rimanti.
Servilia
No: teco vengo.
Manlio
Dove!
Servilia
Fra i Latini.
Manlio
Tu meco
Venir ora non dei.
Servilia
Perché!
Manlio
Nemica sei
Servilia
Vanne perfido, và: cerca fra l’armi
Geminio il mio Germano,
Sfoga l’odio Romano
Dentro al suo petto: irriga
Del Sangue suo la verde piaggia aprica:
Ed in quel cor Latino
Svena il cor di Servilia a te nemica.
Manlio
Ch’io dia morte al cor mio! Vita del core;
Odio non entra, ov’ha la fede Amore.
Perché t’amo mia Bella, mia Vita
Non saprà questa destra ferir.
Porto in seno tua Imago gradita
Questo basti per farti gioir.
Perché t’amo &c.
SCENA IV
Servilia sola.
O Dio! Sento nel petto,
Con moti vari, veementi e strani
Già palpitarmi il cor:
Che mai del Cielo
Nel Volume stellato
Scrisse di me, scrisse di Manlio il Fato!
Liquore ingrato
Beve il Fanciullo
Quall’or del vetro
Sia l’orlo asperso di grato odor.
Così il mio Core
Nel duol; che preme
Beve l’amaro,
Ma pronta speme
In suo riparo
Tempra, e conforta il mio dolor.
Liquor &c.
SCENA V
Appartamenti
Lucio e Decio
Lucio
Si per Vitellia io lascio
Anch’il nome Latino.
Decio
E tanto puote
sù l’alma d’un Eroe
Femminile Beltade.
Lucio
Forse ancor a te note
Non son l’armi d’Amore!
Il tuo feroce core
Forse ancor non provò
Come’ei sappia ferir!
Decio
(Pur troppo il s&#242
Lucio
Solo in Vitellia trovo
E la Gloria, e la Patria.
Decio
Ed à Vitellia ancora,
Scopristi la tua face!
Lucio
Tacqui, e penai fin ora;
Ma più soffrir non posso
L’impeto dell’amor, ch’il sen m’accende.
Decio
E se teco sdegnosa
Ricusasse ascoltarti!
Lucio
Forse de miei sospiri
Il suo tenero core avrà pietade.
Decio
Lusingar ti potresti, ella potria
Aver per altro oggetto il sen ferito.
Lucio
Ad ogni costo io voglio
Svelarle il foco mio.
Decio
(Potessi almen dirle il mio amore anch’io.)
Lucio
Io vado, & al mio fianco
Stimoli aggiunge Amore,
E con dolce speranza
Alletta questo core;
Vado tutti a narrarle i miei tormenti,
Contento se potrò ridurla almeno
Ad udir senza sdegno, i miei lamenti.
Alla Caccia d’un bell’adorato
Tendo l’arco del vezzo, e del pianto.
Che se rendo quel sen infiammato
Del mio cor, del mio amor sarà vanto.
Alla Caccia &c.
SCENA VI
Decio solo.
Vanne, Amante felice
se scoprir le tue fiamme
A’ chi le accese entro il tuo sen ti lice.
Io pure amo Vitellia, e lungo tempo
Tacqui, e soffersi, e soffrirò tacendo.
Ben veggio, ch’il mio amore
Al grado mio disdice, e che saria
Delitto il palesarlo; onde lo celo
Del pari a gl’occhi suoi, e a gl’occhi altrui;
E solo il sa, perché lo sente il core.
E se tacendo io peno
Dal silenzio non viene il mio tormento:
Peno perch’il mio bene
In braccio altrui di rimirar pavento.
E pur dolce ad un’anima amante
Poter dire, ma senza timore,
A’ un bel volto, io moro per te.
Il vedere l’amato sembiante
Senza nube di sdegno, ò rigore,
Fa sperare più facil mercè.
E pur &c.
SCENA VII
Vitellia e Lindo
Lindo
E ch’a Geminio, in Campo
Io l’arrechi!
Vitellia
Nel Campo all’Idol mio
Lindo
Che gli dirò!
Vitellia
Che sono
Qui fra l’angoscie acerbe
In periglio di vita, e solo.
Aspetto da lui
Soccorso, aita.
Lindo
Prendo la via più corta, e più spedita
Vitellia
Lindo.
Lindo
Son qui.
Vitellia
Ciò, che risponde, attendi.
Lindo
Bene.
Vitellia
Lindo
Lindo
Ecco Lindo
Vitellia
Di, che se tarda un punto
io morirò.
Lindo
Fido gli narrerò,
Ma del tuo rischio
S’ei la cagion mi chiede?
Vitellia
Saprà dal Foglio: Và
Lindo
Dò l’ali al piede; ma
Signora
Vitellia
Che vuoi!
Lindo
Che (di buon servo perdona al Zelo
Ma, che sperar tu puoi,
Da un Amante nemico?
E Geminio Latino.
Vitellia
Vuol ch’adori Geminio, il mio destino.
Lindo
Amore senza speranza è una follia
Vitellia
E non amar chi l’ama
Non può quest’alma mia.
Lindo
Eh; di sì vano amore
Lascia la rimembranza
Giura l’odio à Latini, esci di pene.
Vitellia
Lindo: troppo tenaci
Son del cor le catene.
Lindo
Ma se taci il periglio.
Vitellia
Vanne, aita ricerco, e non Consiglio.
Lindo
Sorger preveggo insolito bisbiglio.

SCENA VIII
Vitellia, poi Tito, e Lucio.
O Silentio del mio labbro
Tu nascondi il foco mio,
E m’insegni a non parlar.
Crucj, e morte io soffrirò
Busto esangue spirerò
Pria che il foco palesar.
Sopraviene Tito, con Lucio, e un Soldato con Catene sopra un Bacile.
Tito
Parla, tenta, e minaccia a Lucio
Lucio
E vorrai, ch’il Silentio alle tue luci,
Porti ò illustre Vitellia
Nembi d’occaso?
Arruota per te crudo Ministro
La tagliente bipenne:
Il foco, e ‘l Tosco
Già ti s’appressa, e viene.
Sanguinaria, e Tiranna a te la morte.
Vitellia
Venga: questo è il tenor della mia sorte.
Lucio
Morir tu vuoi?
Vitellia
Contenta.
Lucio
Negl’anni più felici!
E quando appena
Nell’Oriente il sol degl’occhi tuoi.
I nostri dì rischiara!
Vitellia
Morte bramata in ogni etade è cara.
Lucio
Ma non è da Romana
E da chi è Figlia
Del Console di Tito,
Di non degne memorie
Lasciar oscuro il nome, e la sua fama.

Vitellia
Ma da Lucio non è, ne da Latino,
Del gran Settimio Prole
Seguir la fé contraria a’ i propri fati.
Lucio
(E sol vostro il delitto occhi adorati)
Il Reo pensi alla propria,
Non alla Colpa altrui.
Vittellia del tuo Sangue
Fumerà il suolo intriso,
Il delicato viso
Lorderà polve immonda: e l’alma,
Ch’il meglio della vita, ahi!
Seco porta senza loco raminga
D’intorno à Roma
Errar dovrà;
Vitellia
Che importa!
Lucio
(Oh Dio! così ostinata
Mi da in braccio di morte)
Dunque ciò, che ti sforza
A divenir Latina,
Dir ancor nieghi?
Vitellia
Dissi.
Lucio
A dir ti resta.
Vitellia
Io di più non dirò di quel ch’ho detto,
Tu di più non saprai.
Lucio
E vuoi tacer?
Vitellia
Non parlerò già mai.
Tito getta ai piedi di Vitellia le Catene
Tito
Perfida:
A tuo dspetto or lo dirai.
Questa ferrea pesante,
Rugginosa Catena;
All’alme ree di ribellata fede
E principio di pena:
Sentila: è ancor leggiera
Per la tua colpa.
Lucio prendila: e se più tace,
Alle sue piante
Fa che sia posta; per le vie di Roma
Strascinata con essa
Dalla Plebe indiscreta, ed oltraggiosa
Nuda il Virgineo sen, nuda la fronte;
Sì la figlia Vitellia.
Abbia fra poco vilipendi, e l’onte.
Vitellia
(Geminio, e tu non vieni!)
Tito
Orribile lo scempio
Nel Sangue si vedrà
E all’altrui cor d’Esempio
La stragge servirà
Orribile &c.

SCENA IX
Lucio con Catena in mano, Vitellia.
Lucio
E Catene di ferro io darò al piede,
Di chi nel biondo crine
(D’oro al mio cor le porge)
Vitellia, Sol di Roma, anzi del Mondo,
Sappi, ch’io per te moro:
All’amor mio
Corrispondi pietosa;
Giura l’odio a Latini,
E al tuo gran Padre;
Ti chiederò in Isposa.
Del Dono in ricompensa
Gl’aprirò fra Nemici
La strada del Trionfo; e sol per opra
D’un fido amor
Ci condurrà in Senato
Sotto Romana Insegna
Avvinto in questi ferri
Geminio prigioniero.
Vitellia
(Anima indegna)
Lucio
Non rispondi! Sarò qual più vorrai,
E Latino, e Romano;
Poiché sola nel petto
Tengo la fé d’amante;
E altra Patria non ho ch’il tuo sembiante.
Vitellia
(A uscir del laberinto
L’Amor ch’egli mi scopre
All’Amor ch’ho nel seno, il filo porge.)
Lucio lodo l’amor, stimo il Consiglio
La pesante Catena
Riporta al Genitore;
Chiedi su le mie nozze, ed a momenti
Di, ch’al Paterno piede
Io dirò quanto cerca, e quanto chiede.
Lucio
Parla a me speranza amica
E m’invita a non temer,
Se l’ascolto par che dica
Poco lungi è il tuo goder.
Voglia il Fato più cortese
Il destin farmi palese
Che mi chiama a tal piacer.
Parla a me &c.
SCENA X
Vitellia sola
Volerò a Tito il Padre;
Dirò che per destino
Di Geminio m’accesi; e non potea
Giurar contro l’amante odio nemico.
Dirò che del mio sguardo,
E non dirò menzogna
Pende il Guerrier Latino;
E ch’in Virtù dell’amorosa face,
Io meditava un giorno,
Dar vantaggio alla Patria, e amica pace.
Di verde Ulivo
Cinta la chioma
Al Padre, a Roma
Figlia diletta, cara sarò.
E fin che vivo
Dirò al mio bene
Quante gran pene ei mi costò
Di verde &c.

SCENA XI
Campo dei Latini
Geminio con Cavalieri Tuscolani
Bramo straggi, e son traffitto
Dallo stral d’un occhio nero,
E d’un Crin son prigioniero
Quando in seno è il core invitto.
Nemico allor all’or, ch’io mi partii da Roma,
Vitellia ti lasciai nell’aurea chioma
L’anima incatenata.
SCENA XII
Lindo e detto.
Lindo
Signor
Geminio
Lindo
Lindo
T’invia Vitellia, questo foglio,
Geminio
Vitellia!
Lindo
Addolorata!
Geminio
Cara Vitellia
Legge la lettera
Geminio, amato ben; giurar non volli
Contro di te, contro de tuoi nel Tempio
L’odio, la Guerra: Tito il Genitore
La cagione mi ricerca, e perché taccio,
Mi prepara a momenti
Di Falaride i Tori,
Di Mezentio i tormenti.
(Barbaro Tito) vieni
Rapido salva me, salva te stesso
Per man d’Amor dentro al mio core impresso.
Lindo
Udisti?
Geminio
Sì; di quei rai dolenti
Argine sarò al pianto.
Andiamo.

Lindo
Andiam.
Geminio
Già m’accingo all’impresa,
E al suol di Roma
Per sembiante Divino
Porto veloce il pié: no: son Latino.
Lindo
E se Latino sei fatti Romano.
Geminio
E Romano sarò, quando in Senato
Fra i Consoli un Latino
Entri con titol pari, ed ugual grado.
Lindo
Lindo
Geminio.
Geminio
Sai quanto Vitellia adoro.
Lindo
Spasimi e non hai pace.
Geminio
Ma il torto, ch’il Senato
Fà alle Latine Genti
Negando il Consolato
Occupa di Geminio
Tutti i sensi, e i pensieri; e il Latio appoggia,
Perché Roma sia posta in ferreo laccio,
La vendetta del Torto a questo braccio.
Lindo
(Vitellia sei spedita)
Geminio
Ciò narra alla mia vita; e le dirai
Ch’è fatto mio l’universale impegno,
E mancando farei
Delle mie fasce, e di Vitellia indegno.
Lindo
L’abbraccerai dell’Erebo nel regno.
L’intendo e non l’intendo
Mi par, e non mi par:
Vi trovo un certo imbroglio
Di morte, e di Cordoglio,
D’amori, e di penar.
Fatto li conti col mio cervello
Trovo bel bello,
Ch’a tutti i patti
Siete ben matti
Voi altri amanti.
Voi siete pronti
Cercar la morte
Quando la sorte
Non vi contenta.
Ma poi si stenta
Dir da dovero,
Ch’in voi la voglia
Quando s’imbroglia
Cangia il pensiero
D’esser galanti.
L’intendo &c.
SCENA XIII
Manlio con Cavalieri Romani, e Geminio
Geminio
(Qual di pochi Romani armata schiera
Or viene a me?)
Romani:
Io che offendeste i Numi? E qual delitto
Pochi da i nostri molti
Ad incontrar la morte ora vi guida?
Manlio
(Costui com’è superbo, e minaccioso?)
Geminio
Dove i Consoli sono?
Dove il Guerriero Esercito, e feroce?
Manlio
Pronto all’uopo verrà, se verrà uopo.
Geminio
Olocausti innocenti: al Sagrificio
Il Senato vi manda; e Voi venite?
Manlio
Il Senato ci manda, e noi fra l’armi
Veniam col ferro, ei non ottuso è al fianco.
Geminio
La gloria dei Latini
Che vantaggi non vuole,
Deboli non vi accetta.
Tornate, e rinchiudetevi sicuri
Fra le imbelli Conocchie entro i tuguri.
Manlio
Tall’or fra la Conocchie
Stanno le Clave, avvezze
Ad atterrare i mostri: e il Tebro adora
Frà l’armi sue più di un Alcide ancora.
Geminio
O tu, che solo parli, e vanti armato
Tutta aver de Romani
La forza nel tuo braccio, Ercole invitto;
Qui vieni meco a singolar Cimento:
E di noi dall’Evento
Veggasi, se miglior sù l’egual piano,
È di ferro latin, brando Romano.
Manlio
(Del comando del Padre, e del senato
Ricordati alma mia)
Geminio
Schivo alla pugna?
Manlio
La pugna io non ricuso;
Altro impegno la vieta.
Geminio
Chi la vieta! Timore! o pur viltade?
Manlio
Non teme de Romani
L’animo ardito, e fiero;
Ne conosce viltà Manlio Guerriero.
Geminio
(Manlio è questi? Fratello
Di Vitellia?) Qui Roma a che ti manda?
Manlio
Tu di cercar tant’oltre
Autorità non tieni:
A dimanda importuna, io non rispondo.
Geminio
O! Qual prode tu sei, che della Fama,
Coll’opre del tuo brando
Stanca le Trombe d’oro.
Manlio
Qual io mi sia, non fuggo dai cimenti:
Per incontrarli ho petto:
Per sostenerli ho core: e conta, e vede
Mal suo prò, cor Latino
Le prove del mio ferro.
Geminio
Geminio ancor le vegga:
Snuda l’acciaro.
Manlio
(O Patria, o Padre, o Legge!)
Geminio
Guerrier d’onore alla disfida è pronto.
Manlio
Pronto è il cor, pronto il braccio;
Ma perché miglior tempo attender deggio,
Alto Campion Latino,
L’onor di pugnar teco io mi riserbo.
Geminio
Io vò, ch’ora tu vada
Di quest’onor superbo.
Manlio
(In quali angustie sono!)
Tempo rimane all’animo Guerriero.
Geminio
Tu non sei Cavaliero.
Manlio
Ah!puntura si acerba
Porta al brando la mano.)
Eccomi: (no: Costui
Di Servilia è Germano)
Geminio
Guerrier, cui vanità sol arma il fianco.
Manlio
(Devo ubbidir al Padre)
Geminio
De cimenti Nemico, e delle risse.
Manlio
(La legge è del Senato)
Addio Geminio
Geminio
Vanne
Tra le Femmine in Roma.
Manlio
Geminio Addio.
Geminio
Non resti
Tra i forti alma codarda: esci dal Campo.
Manlio
Sempre Manlio Romano
Nel Campo di Bellona entra animoso
e non esce già mai, se non invitto.
Geminio
Ma il por mano alla spada è in te delitto.
Se non la impugni, a che la tieni a lato?
Manlio
La impugno provocato pongono mano alle Spade)
SCENA XIV
Servilia e detti.
Servilia
(Deh, che veggio!) fermatevi; Geminio
si mette in mezzo
Manlio; Sposo; Germano.
Geminio
Servilia t’allontana.
Servilia
Ah pria ch’al seno
Dell’amato Consorte
Tu immerga il ferro: tingi
Nel mio, ch’è pur suo Sangue
La forte destra. Manlio
E tu contro il Fratello
Fiero t’avventi? E questa
La fé, ch’a me tu desti?
Manlio
Ad impugnar l’acciaro
Ei stimolò la mano.
Geminio
Ma l’ardimento suo.
Servilia
Più non attizzi
L’ira, l’odio nemico.
Manlio
Io lo giurai contro i Latini.
Geminio
Ed io
Giuro la morte.
Servilia
No: fermate (O Dio)
Manlio: per quell’amore
Che figlio è de tuoi lumi; e per quel foco,
Che; se pur anco vive;
Uscì da questi ad infiammarti il core:
Lascia, lascia il furore.
Mà; qui tratti o Geminio, o gran Germano,
La ragion delle piaghe; e (oh Dei) Vitellia,
Vitellia, che tu adori; e che non volle
Contro de tuoi nel Tempio
Giurar l’odio, e le straggi;
Stà per cader in braccio de tormenti
Spettacolo funesto
Geminio e Manlio
o giuramenti!
Servilia
Vadan l’armi sotterra: ed Imeneo
La duplicata face
Sia Caduceo di pace.
Manlio
Per Servilia il cor mio;
Ricomponga bel nodo il cieco Dio.
Geminio
Servilia: di Vitellia al caso estremo
La contesa rinunzio, e a i suoi bei lumi
Tutta dono l’offesa, e la vendetta.
Vattene a Tito, e di che della Figlia,
se fra lampade sacre
Stringo la bianca mano,
Consolati non cerco, e son Romano.
Servilia
O contenta alma mia!
Manlio
Mio cor felice!
Servilia
Rapida volo a Tito
Sposo tu vieni?
Manlio
No qui mi trattiene
Chi dà legge al mio piè
(Manlio e Servilia insieme)
Manlio Parti mio bene
Servilia Resta mio bene
Servilia
Parto, ma lascio l’alma
In pegno di mia fè.
Tornerò con bella pace,
Che quell’occhio si vivace
Cinosura è del mio piè.
Parto ecc.
SCENA XV
Geminio, Manlio, che osservano Servilia che parte.
Geminio
Che feci mai! Per femmina Romana
Rubello di me stesso
Son fellone a’ Latini!
Ah! Se trascuro il debito, se manco
All’impegno, alla fede;
Appo Vitellia ancora
Io perdo infin di Cavaliere il nome.
Manlio
(Oh bellissima imago,
O lumi di zaffiro, o bionde chiome!)
Geminio
Guerriero a te.
Manlio
Geminio;
Servilia a Tito in Roma,
A Vitellia in pace, e di Sponsali,
Si porta Messaggiera.
Geminio
Spargo d’oblio le nozze;
Lascio Vitellia; e ad adempir m’accingo
L’obbligo di Latino.
Manlio
Manchi a quanto dicesti.
Geminio
Di Cavaliere l’opre
Ho in uso d’osservar; queste o codardo
Perché tu non conosci, ora non sai.
Manlio
Ed’io, perché ho nel petto
Alma di Cavaliere,
Questi affronti non soffro.
Chi la guerra desia, la guerra s’abbia.
Ch’entro nella battaglia provocato,
Saprà Servilia, il Padre, ed il Senato:
Sia con pace o Roma Augusta
S’io non servo alle tue leggi,
Ch’a pugnar mi chiama onor.
Di tue leggi sei ben giusta
Ma il Latin co’ suoi dispreggi
Troppo oltraggia il mio valor.
Sia ecc.
Fine dell’Atto Primo.

ATTO SECONDO
SCENA I
Sala nel Palazzo Consolare
Tito, e Lucio.
Tito
Dunque l’occulta, e grave
Reità del suo cor dirà la Figlia?
Lucio
Per confessarla, tosto
A te verrà Prostrata.
Tito
E tu mi narri
Ch’amor con le sue faci
L’anima in sen ti accese?
Lucio
Amor bendato,
Per gloria delle piaghe, e de gl’incendi
M’accese, e mi ferì co’suoi begl’occhi.
Tito
Dunque sol, perchè amante
Segui la fe Romana!
Lucio
No: Gran Tito: il tuo merto
Prima all’altar del Nume
Portò il mio cor divoto:
La beltà poscia di Vitellia, e il Seno
Insinuar per le sue nozze il voto.
Tito
Dal nodo io non dissento;
Ma il Genio ch’a’Latini
Mostra Vitellia, l’accoppiarsi vieta
A chi a Roma è nemica; e se ben dice,
Colei, ciò che fin ora
Niegò di palesar; quand’ella viva
Rubella della Patria,
Lacerata per via, giust’è che mora.
Lucio
Non ti lusinghi la crudeltade
Contro d’un core, che devi amar.
E per la figlia mostra pietade
Se questo petto vuoi consolar.
Non, &c.

SCENA II
Vitellia, che corre a Tito, Lucio,
e poi Servilia.

Vitellia
Padre: a te solo io palesar intendo
Gl’arcani del mio cor.
Tito
Lucio
(vede Servilia) Servilia
Tu non partisti?
Servilia
Torno
Qui da Latini, e vengo
Nuntia d’amica pace.
Tito
Narra
Lucio – Servilia
(che mai sarà!)
Servilia
Se di Vitellia
Geminio, che pur sente
Per la vergine illustre
Lo stral d’amor; Geminio il mio Germano
Stringe la man di Sposa;
Consolati non cerca, ed è Romano
Lucio
(Non mi tradir fortuna)
Vitellia
(In sì gran punto
opra, o possente amor.)
Tito
Al fine un Cieco
Al tuo fratello aperse
Della ragione i lumi.
Lucio:
Lucio
Che oprar degg’io?
Tito
Sia di Geminio
Sposa Vitellia.
Lucio
E al mio Rivale…
Tito
A Roma
Ch’in questo dì è tua Patria,
Non a Servilia, il nodo,
e il merto dell’amor ceder conviene.
Lucio
(Ahi crudo fato!)
Servilia – Vitellia
Abbraccierò il mio bene.
Tito
Servilia
Servilia
Eroe del Tebro
Tito
Riedi a Geminio: reca
Dell’Imeneo le Tede.
E fra i Romani Consoli se ammesso
Non è un Latin, dirai, ch’in queste braccia
Di pacifica fronda
Egli cinta la chioma,
Avrà il cor del Senato, anzi di Roma.
Vitellia
Gran Cognata.
Servilia
Vitellia.
Vitellia e Servilia
D’improvviso riede il riso
Sul tuo labbro a balenar:
Teco io godo, perch’il nodo
Torna l’alma a incatenar.
Sul tuo labbro di Cinabro
Dolce riso brillerà:
Al tuo seno m’incateno,
Schiava son di tua beltà.

SCENA III
Decio, detti, poi sopragiunge Manlio.
Decio
Manlio, di Tito il figlio, ora qui viene
Tito
Servilia impaziente
Di abbracciar la Consorte,
L’invia Geminio: ei più soffrir non puote
Del tuo piè le dimore,
Servilia
Eccolo. (Pur godrò l’idolo mio)
Vitellia
(Stringerò tosto il caro nume anch’io)
Lucio
(Io son fuor di speranza o cieco Dio.)
qui viene Manlio
Tito
Figlio: le nozze di Vitellia, e quanto
Dir il German le impose,
Servilia mi narrò,
Giusto è ben che t’abbracci: e tu ch’affretti
Col tuo ridente arrivo
D’un sì bel giorno il lucido sereno;
Manlio: vieni al mio seno l’abbraccia
Manlio
Gran Genitor: da quel, che tu mi credi,
A te qui assai diverso or mi appresento.
Tito
Non vieni da Latini?
Manlio
Vengo dal Campo.
Servilia
Ei sensi
Di Geminio non rechi?
Vitellia
E non arrivi
Ragguagliator di Pace,
Che di doppio Imeneo fra lacci è involta?
Manlio
O Vitellia, o Servilia, o Padre ascolta.
Co’i Cavalier del Tebro
Nel campo de Latini,
Dell’Usbergo squammoso il sen vestito,
Portai veloce il Piè: fu con Geminio
Il primo incontro: questi
Con vilipendj, e scherni
Mi sfidò all’armi, ingiurioso, e fiero.
Io che son Cavaliero
L’armi vibro e l’uccido;
Che pugnai provocato
Saprà Servilia, il Padre, ed il Senato.
Servilia – Vitellia
(Morto è Germinio!)
Manlio
Quelle Qui si fa avanti un Soldato con le spoglie di Geminio.
Spoglie sono del Vinto,
Di cui l’onte sfuggir non potei.
Vitellia
Manlio crudele.
Servilia
Oh Dei!
Servilia sviene in braccio di Manlio
Vitellia di Lucio.
Lucio
(A sperar io ritorno, o affetti miei.)
Tito
(Dell’ucciso Geminio al vivo Sangue
Cade Vitellia essangue?) or chi la indusse
a Lucio
Contro i Latini a non giurar le straggi,
Scuopre il duol che l’uccide;
Per Geminio svenato
Piagolla il Dio bendato
Lucio
(Ei del mio foco
Più rival non sarà.)
Tito
Ne i lor soggiorni
L’una e l’altra si porte.
Sono portate via dai servi
Lucio e Manlio insieme
Lucio: (Seguirò la mia vita in braccio a morte.)
Manlio: (Ahi Destin la mia vita è in braccio a morte.)
SCENA IV
Tito, e Manlio.
Tito
È questa, Manlio, è questa
Del Senato la legge?
Il comando di Tito?
Manlio
Con ingiurie più volte, e con gli scherni
Provocommi colui
Tito
Tu ne men provocato
Stringer dovevi il ferro:
Ne del Sangue Latin bagnar l’arena:
Ma dell’error ben pagherai la pena.
Manlio
Signor sfuggii la pugna: e ben diranlo
I cavalier del Tebro.
Tito
Ma Geminio uccidesti.
Manlio
Chiamò codardo, e vile
Manlio di Tito Figlio
Tito
Che sempre è vil quando la Patria il chiede,
Ne pecca di viltà con alma rea
Il Cittadin, risponder si dovea.
Manlio
Al cimento fidommi; e la disfida
Se non accetta, perde
Il Cavalier, di Cavalier il pregio.
Tito
Tu che facesti?
Manlio
Chiesi
Miglior tempo opportuno
Al singolar cimento.
Tito
E uccidesti Geminio in quel momento.
Manlio
Deh: Padre: Genitore
Manlio di Tito è Figlio.
Tito
Di Tito era il comando.
Manlio
Disse Geminio altiero
Ch’io non son Cavaliero.
Tito
Tu che facesti all’or?
Manlio
Mia Spada ignuda
Gli chiuse il labbro, e il fè mentir tacendo.
Tito
Colpa nuova aggiungesti al tuo delitto.
Manlio
È colpa esser invitto?
Ah! Se alla Patria
la gloria accrebbi; se atterrò un sol brando
Tutto il Campo Latino
Nel valor di Geminio, e se novelle
Diedi le palme al Tebro;
dei gloriosi aquisti
perché perdo l’allor!
Tito
Non ubbidisti.
parte col popolo.

SCENA V
Manlio solo.
E Attender io dovea, che le onorate
Viscere mi passasse
D’insolente nemico il ferro ignudo?
Dovea, dunque, dovea
Con la macchia di vile, e di codardo
Tornar a Roma? O Dio; che se il dolore
Ha per me di Servilia il cor trafitto,
E’ quest’il mio delitto.
Se non v’aprite al dì
Begl’occhi del mio Sol più dì non v’è.
Brune pupille amate
Vostr’ombre idolatrate
Ombre saran d’occaso alla mia fè.
Se non &c.

SCENA VI
Cortile
Lindo e Vitellia
Lindo
No’: fermati Signora.
Vitellia
Ove sepolto
Giace l’amato Nume,
Lindo; lascia ch’io vada: e fuor dell’Urna
Trarrò il Cener amato.
Lindo
Che farai poscia?
Vitellia
Stillerovvi in seno tutto il mio core in pianti: e i nostri cori
Unirà quell’amor, ch’il mio dissolve,
l’uno in pianto converso, e l’altro in polve.
Lindo
E grande infamia: lascia
Gl’estinti a i chiusi avelli.
Vitellia
Ma vive chi l’uccise, e la vendetta
Porterò vanamente ove non entra
Rimembranza d’offesa?
Vindice ferro impugno, e contro l’empio
Di Tebe io volo a rinovar lo scempio.
Lindo
Contro il fratello? Nò:
Vitellia
Perché quel sangue
Ch’ei verserà svenato, il primo forse
Sarà, ch’uscito da Fraterne vene,
Corse del Patrio nido
A imporporar l’arene?
Grida quel Sangue
Vendetta ancora
Forz’è che mora
Quel Traditor.
E fin ch’essangue
Sia l’omicida
Sento che grida,
Se tardo ancor!
Grida &c.

SCENA VII
Servilia, e detti
Servilia
Vitellia: dove!
Vitellia
A trucidar colui,
Che barbaro inhumano
A’ me uccise l’Amante, à te il Germano.
Servilia
(O Manlio traditor!)
Lindo
(Manlio infelice!)
Vitellia
Tu pur l’ultrice destra
Arma d’acciar pungente.
Lindo
E a te Fratello;
E a te consorte
Vitellia
Andiamo
Alle ferite.
Servilia
(O Dio:
Manlio bench’omicida, è l’Idol mio.)
Vitellia
Servilia tu ancor pensi
A’ colui traditore!
Servilia
(Per lui favella in sul mio labro amore.)
Vitellia
Dell’ucciso Geminio,
Chiama il sangue vendetta
Servilia
E un voto di Servilia anche l’affretta.
Vitellia
Dunque alle straggi.
Servilia
Aspetta
Vitellia
Più non induggio.
Servilia
Andiamo.
Lindo
Nò:
Vitellia
Ha il caro ben svenato.
Servilia
L’uccise provocato.
Vitellia
Ah: Servilia: tu rendi
L’uccisor innocente, e reo l’ucciso.
Tu in difesa converti
La reità di scellerato core,
Servilia
Per lui favella in su’l mio labro amore.
Lindo
Povero Manlio; quanto compatisco
Il deplorabil tuo misero stato;
Che l’esser strapazzato
Da una femmina sola è gran tormento;
Mà da due: chi soffrir può un tal spavento?
Rabbia che accendasi
In cor di femmina
Peggio è del tossico
Che là nell’Erebo.
Crudo, e pestifero
Per man de Diavoli
Sempre lavorasi
Per gente flebile.
Dardo non scagliasi
veloce, e rapido
Fiamma non sforzasi!
Ratta ad ascendere
Vento non gonfiasi
Su l’onde mobili
Quanto la collera
Pronta ad offendere
Nel sesso debile.
Rabbia &c.
Lindo
Eccolo.
Vitellia
(indegno)
Servilia
(Come
Cieli, stringer potrò quell’empia mano,
Ch’ancor fuma nel sangue
Del trafitto Germano!)
Lindo
(Questo per l’infelice è caso strano
SCENA VIII
Manlio, e Vitellia, e Servilia.
Manlio
Mia Servilia; Vitellia
Servilia
Manlio crudele.
Vitellia
Barbaro omicida.
Servilia
Nuntia io vengo di pace, e tu nel Campo,
Il Fratello mi sveni?
Vitellia
Quando attendo lo Sposo
Asperse del suo Sangue
Le sue Spoglie tu porti a gl’occhi miei!
Manlio
Fecer l’ingurie sue le sue ferite:
E tu ò Vitellia indarno
Caduta essangue à ravvisarlo estinto
L’anima gli mandasti;
Manlio, Manlio l’uccise, e tanto basti.
Vitellia
O iniquo cor: per l’alta della Patria
Inobbedita Legge;
Per l’ucciso Geminio.
Di due delitti reo.
Servilia e Vitellia
Perfido core.
Vitellia
Se il mio sposo piagasti
Servilia
Se svenasti il Germano
Vitellia
Questa man
Servilia
Questa mano
Servilia – Vitellia
S’arma contro di te.
Vitellia
Perfido
Servilia
E Rio.
Vitellia
Inumano.
Servilia
Fellon (basta: cor mio,)
Manlio
(Vitellia mi rinfaccia;
Non mi guarda Servilia;
Hò nemico il Senato, il Padre e Roma
O’ misero Trofeo;
O’ valor sfortunato!
O’ vittoria infelice!
Che più sperar del mio destin mi lice?
Mà se m’odia Servilia, odio la vita.
Vitellia
Servilia andiam.
Servilia pensa, e poi rissoluta dice
Servilia
Andiamo.
Manlio
O mie furie tiranne;
Manlio, è pronto bersaglio alle vostr’ire.
Uccidetemi. Presta
Tu a Servilia, ò Vitellia
Il Ferro, che brandisci; ella primiera
Facci nel cor le piaghe.
Vitellia
Servilia eccoti il Ferro.
Servilia
Il ferro prendo.
Manlio
Tu le sarai crudel, tu le sarai?
Servilia
Eccomi.
Manlio
Non vel credo amati rai.

SCENA IX
Decio con un Soldato, che tiene la Catena,
e detti.
Decio
Manlio: Tito al tuo piede
Queste catene invia.
Servilia
(Che miro!)
Manlio
A questo piè Catene? a questo piede,
Che fermò della Patria
La ruota alla fortuna?
Vitellia
Catene al Traditor.
Servilia
(Giorno per me fatale)
Decio
E alle Catene il Carcere succede.
Servilia
(Chiuso il mio Sol fra l’ombre?)
Vitellia
E al Carcere la Scure; onde quel capo
Cada nel suol troncato.
(Mio Geminio svenato!)
Servilia
Dolente che più induggio! Io del Consorte
Volo a chieder la Vita.
Vitellia
Ed’io la morte.
Servilia
Dar la morte a te mia Vita
Morte mai nò, non potrà
Che l’amor, che m’ha ferita
La sua falce spezzerà
Vitellia
Al tuo sen riparo, e scudo
Non sarà bendato amor:
Che non può fanciullo ignudo
Toglier l’armi del furor.
SCENA X
Manlio, Decio, e Lucio, che sopragiunge
Manlio
Tu al Carcere mi guidi: e avrà fra l’ombre
Sepolcro Tenebroso
Quel ch’illustrò col lampo di sua Spada
Il nome della Patria, e de Romani?
Decio
O Manlio; di fortuna
Troppo infausto bersaglio.
Piango la tua sventura;
Piango la mia, che della tua mi sforza
Ad esser messaggiero.
Viene Lucio leggendo una Lettera.
Manlio
Ah Lucio.
Lucio
Alto Campione.
Manlio
Vedi: queste
Son Catene.
Lucio
(Egl’è Manlio!)
Manlio
Ah che giurando
L’odio contro a Latini,
Tu mal facesti: Io feci
Peggio di te, che lo giurai Romano.
Decio
Chi adora il Divin culto
Confederati ha i Numi.
Lucio
E chi di Roma
Pugna sotto i Vessilli
Ha certe le Vittorie.
Manlio
Sì, sì; và, di Lorica
Armati il fianco, e frà i cimenti vibra
L’acuto brando; e in petto
Quante io ne mostro (e queste, ò Tito, ò Roma
Son pur ferite) porta
Di valor onorate aperte piaghe:
Che del valor in premio, e della fede
Avrai pesante, dura
Una Catena, e una Prigione oscura.
Lucio
Come! Signore: Decio:
Le palme son Catene?
E a chi domò l’orgoglio
Del Nemico di Roma
Carcere d’ignominia è il Campidoglio?
Decio
Non ubbidì alla Legge
Del Senato, e di Tito.
Manlio
Stimolo d’onor m’astrinse
A’ trapassar il petto
Del superbo Geminio
Con quell’acciar, che le Falangi abbatto:
Se ubbidivo alla Legge,
Della Patria era danno,
Di Manlio era misfatto.
Lucio
O valor sfortunato!
Manlio
Mà, se tal del valore è il guiderdone,
Se il Trionfo è demerto, e si condanna,
Odio Tito, la Patria, odio i suoi Numi.
Estinto, se non vivo,
Se non in corpo in ombra,
Co’ Latini in battaglia
A Roma ingrata, ed al Senato ingiusto,
Cinto d’aspidi il Crine,
Porterò straggi, e spargerò ruine.
(Manlio: che parli? Siegui
L’opre essecrande? E perché peccan gl’altri
Peccar tu ancora vuoi?)
Lucio
(Degno è suo caso acerbo
dell’umana piet&#224
Manlio
Decio mi bendi
Tirannide le luci:
Infame scure tronchi
Questo mio capo: e ruotino a miei danni
Tutti gl’Astri del Cielo erranti, e fissi:
Vissi Romano, e morirò qual vissi.
Lucio
Tue magnanime gesta,
Signor io bacio, e adoro
L’alma invitta d’Eroe.
Manlio
Lucio.
Lucio
Permetti
Ch’io ti accompagni.
Manlio
Nò, resta, e vedrai
Ch’il cipresso di morte
Se in loco avrò del trionfale alloro,
Mio trionfo saranno
Un dì nel monumento
Il pianto della Patria, e’l pentimento.
Vedrà Roma, e vedrà il Campidoglio
Dall’alto suo soglio
Quai grandi sfortune
Il fato le adune
Nell’aspra mia sorte.
Parleran mie ferite à Romani
E i lidi più strani
Udran con orrore
Cangiarsi il valore
In scure, ed in morte.
Vedrà & c.

SCENA XI
Lucio
Lucio
Ingrata Roma, e più di Roma ingrato
Lucio, se non fai scudo
Al Cavalier, ch’il tuo Rivale uccise!
M’apre già questa carta
La via sicura: del Campion Romano
Mi sforza alla difesa
L’obligo, il merto, e l’onorata impresa.
Combatta un gentil cor
La legge, ed il rigor
Quando nel trionfar
Virtù prevale,
Da forte mai sarà
Mostrarsi con viltà
Non pronto a contrastar
Con forza eguale.
Combatta, &c.
SCENA XII
Salone
Tito
Tito
Già da forte Catena
Cinte ha Manlio le piante: or di sua morte
Scriva la man di Tito
La sentenza fatal; giust’è che mora
chi trascura il comando della Patria
E fellon della patria.
Legge non ubbidita
Non è più legge: e il Cittadin, che à quella
Non ubbidisce attento e non l’osserva,
Seditioso vuole sulla Patria il Comando, e la fa serva.
Va a sedere ad un Tavolino
Io con occhio di Padre
Manlio più non rimiro;
mi benda i lumi il suo delitto, e sola
la pena, ch’egli merta, è mia pupilla.
Lascia di scrivere.
Par che di far le note
La man sul foglio aperto
Abbia perduto l’uso.
Scrivi, o mia destra: e mosso
Sia dalla colpa il Giudice. Non posso.
Tito non puoi? Non posso
Castigare i delitti?
Un senso contumace à tanto arriva?
Mora il reo della Patria. Va dal tavolino a scrivere.
E Tito scriva
Il Castigo è da Giudice; egl’è vero:
Ma la pietà, è da Padre.
Vuol deporre la penna, ma fermatosi dice.
Manlio non è mio Figlio: errò Fellone.
Scritte col di lui Sangue
Di Giudice, e di Padre al Tebro in Riva
Leggansi le giust’opre, e Tito scriva.

SCENA XIII
Decio va da Tito, che scrive
Tito
Decio che porti?
Decio
Primo
Del gran Romuleo Soglio
Cardine sempre fermo,
Invitissimo Atlante: Io qui per nome
Delle Romane schiere
Chieggo, se degno dell’uffizio sono,
Di Manlio il Figlio, a te la Vita in dono.
Tito
Manlio di colpa è reo;
Non ubbidì al Senato;
Non esseguì del Console il comando,
E dee morir.
Decio
L’invitto ardir, il Sangue
Che del desio di bella gloria è ardente,
E quel valor che nacque
Da te che’l generasti in colpa, e accusa.
Tito
Valor intempestivo
E infamia, non valor: e al fin è colpa.
Decio
Con tante bocche, quante
Numera nel suo petto
Piaghe ancor fresche, il popolo guerriero
Le suppliche ti porge.
Tito
La legge inobbedita a lor si oppone.
Io dettata da lei; scrivo la pena.
Decio
Il tuo voler è legge.
Ben può grazia donar chi da castigo.
Nelle labbra dei giusti
Sovente ell’ancor suona.
Tito
Ma giustizia non fa chi grazia dona.
Decio
Manlio svenò in Geminio il maggior Capo
Dell’Idra a noi rubella; onde il suo fallo
Merto diviene, e l’omicidio è impresa.
Tito
Merto la fellonia chiamasi ancora? (scrive)
Manlio è Reo della Patria: e vuo’ che mora.
Decio
E tuo figlio, o Signor.
Tito
Dalla memoria
Di Padre questa pena or lo cancella.
Decio
Non san senza il suo braccio
Pugnar le schiere: e naufraga la speme
De Romani trionfi.
Nel pianto dell’esercito, che tutto
Prega al tuo piè prostrato
E grazia chiede al Genitor sdegnato.
Tito
Va: rapporta, che l’aquile Romane
Arman più d’un Artiglio;
Ne di famoso allor cinti la chioma
Mancan Figli guerrieri al Tebro, à Roma
Decio
L’ultime lor libre voci ascolta:
O a Manlio dona vita,
O… qui Tito si leva in piedi e dice
Tito
Chi da legge a Roma?
Chi è il Console? Chi regge?
Son io del Roman Popolo in quest’ora
Padre, e Giudice sono; e il Figlio mora.
Decio
Nò, che non morirà
In tante pene
Al comun bene
Troppo disdice
Resti infelice, un vincitor.
Manlio sì sì vivrà
Che dura Legge
Roma corregge
E quando un forte
Vince la sorte,
cinto è d’allor.
Nò, &c.

SCENA XIV
Servilia, e Tito
Servilia
(Amor, su queste labbra
tu favella per me.)
Tito
Servilia: vieni
A chieder supplicante
Del prigione la Vita, ò pur la morte?
Se per la prima; scrisse
Irrevocabil fato; e se il Castigo
Tu vuoi, non il perdono;
Prima della domanda ottieni il dono.
Servilia
Signor: uccise Manlio
(se ben sfidato, e per l’onor l’uccise)
Geminio in Campo, ed obliò di Tito
Gli ordini, e del Senato:
Gravi sono le colpe, ed ancor grave
Dee per essempio a gl’altri, esser la pena
Del trafitto Germano
Al Giudice Romano
Porto anch’io le querele, ed i Lamenti;
E affretto il volo alle saette ardenti.
Ma se Manlio è a me Sposo;
E a me se tu lo desti;
Perché sì di repente ora mel togli?
Dunque sono sì brevi
I favori di Tito?
Ma, o gran Tito; la legge
Già da te comandata a te comanda.
Misera dignità; se usar non puote
Con divina sentenza
La pietà ch’è da nume, è la Clemenza
Signor: dammi il Consorte:
E tolga il Ciel, che voglia
Autor di crudo affanno
Tito, per essere giusto, essere Tiranno. Piange.
Tito
Servilia: del tuo dir io l’arte ammiro:
Tu nel chieder le grazie hai gran virtute;
ma per chi morir dee, non v’è salute,
Servilia
(Destin!) almen concedi,
Che nel brun de suoi lumi
Vegga la morte mia.
Tito
Servi: di Manlio
Entri costei nell’orrida prigione.
Ciò al tuo facondo favellar si done.
Servilia
Andrò fida, e sconsolata
Tra l’orror delle Catene
A trovar l’amato oggetto
E in veder la sfortunata
Sua bell’alma in tante pene,
l’alma mia parta dal petto.
Andrò &c.

SCENA XV
Tito, e poi Vitellia
Tito
Forte cor: non ti scuota o prego, o pianto.
Vitellia
Mio gran Padre.
Tito
(Vitellia pe’l Fratello
Qui porta ancor le preci.)
Vitellia
Amai Geminio, e vicendevol fiamma
L’anime nostre ardea:
Col vincolo di pace
Seco unirmi Consorte
Concertai con amor, e con la sorte.
La macchina struggeva il giuramento;
e l’industrie d’amor givano al vento.
Manlio Geminio uccise:
Tolse a Roma la pace, e a me lo Sposo.
Tu scaglia impetuoso
Folgore al Capo indegno: e in questo punto
Alle genti Latine:
Mette la mano sul Tavolino
Giuro straggi, terror, scempi, e ruine.
Tito
Lucio si chiami: al Reo colà il castigo
Del suo fallir è scritto.
Vitellia
Con la sua morte ei pagherà il delitto.

SCENA XVI
Lucio, e detti.
Lucio
Eccomi a Tito.
Tito
A Manlio, ove da ferri
Incatenato ha il piede,
Vanne: leggi quel foglio,
E ritornò Vitellia alla tua fede.
Legga, e vegga in quel terribile
Foglio orribile
La sua morte a folgorar.
SCENA XVII
Vitellia, e Lucio
Vitellia
Addio,
Lucio
Consorte.
Vitellia
A me?
Lucio
Geminio è spento
Vitellia
(Ahi!) Consorte sarò del monumento.
Lucio
Fermati. Il Padre…
Vitellia
Io reggo
Il mio voler.
Lucio
Le tue promesse…
Vitellia
E giusto.
Con chi porta Catene usar l’inganno.
Lucio
(Quanto a mie piaghe acerbe è amor tiranno.)
Vitellia
Povero amante cor
Mi fa pietà il tuo amor
Ma volgi ad’altra il pié
Se vuoi mercede.
Sospira quanto sai
Nò, che non troverai
In questo sen per te
Ne amor ne fede.
SCENA XVI
Lucio solo
Lucio
Vanne perfida, và:
Scempio del tuo furore
Manlio non caderà: dall’ombre cieche
Porterò a rai del giorno
L’alto Campion Romano;
Che sua Parca omicida io tengo in mano.
Frà le Procelle
Del Mar turbato
Lo sconsolato
Il porto avrà
E all’alme belle
Ricche d’onore
Suo gran valore
Legge sarà
Frà & c.

Fine dell’atto secondo

ATTO TERZO
SCENA I
Prigione orrida con Fanale acceso
Notte.
Servilia vedendo Manlio, che dorme con la Catena al piede, dice
Servilia
Deposta amor la benda
Chiusi ha i begl’occhi al sonno.
Ma uniti in questi orrori
Sonno, e Catene o Dio? Come andar ponno?
La catena, che troppo
È grave pondo al piede, infin penosi
Rende li suoi riposi.
Vanne o Servilia, e la solleva alquanto.
Tu dormi in tante pene
E qui per tormentarti
Vegliano le Catene.
Dormite o Luci vaghe
Sfere del foco mio
Delizie di mie piaghe
O amato bene.
Tu &c.
O crudo, indegno laccio;
Potesse il pianto mio…
Manlio
Sognando
Cara t’abbraccio
Servilia
Manlio.
Manlio
Si risveglia
Servilia: o Dei! Dove ti stringo?
Nel carcere? Tra i ferri? E tu qui meco?
Compagna nel delitto
A me tu già non fosti,
e nel Carcere mio mi sei Compagna?
Servilia
Manlio, mio ben, cor mio:
qui da Tito impetrai
Venir nelle tue luci
Quel giorno a rimirar, che mi si asconde;
Ma in quest’orrendo, e chiuso
Sepolcro de viventi
Il fratello di morte, ah, con quai vani
Importuni fantasmi
Perturbò i tuoi riposi?
Manlio
Ascolta: mi parea
Colà nel Campidoglio
Fra gl’applausi, e le pompe, e circondato
Dal Popolo Roman seder in alto
Di Carro d’or ch’a i Vincitor di Guerra
Roma invitta prepara
Pareami, che sul crine
Con sua destra di luce
Mi ponesse la gloria il verde alloro
Tito il Console in volto
Teneri m’imprimeva
Caldi Paterni baci: e mi parea
Meco sul carro assisa
Stringer al sen te, mia Consorte, e Dea.
Servilia piange.
Piangi? Dan questi applausi al mio Trionfo
Le tue pupille! (o Dei)
Servilia
Piango que baci
Che ti stampò sulla tradita Imago
Il Genitor tiranno.
Manlio
Chi sa; Tall’or co’Sogni il Ciel favella.
Dalle labbra di Tito uscir potrebbe
Nel bacio che io Sognai,
Il messaggio di pace al mio tormento.
Servilia
Ah; che bacio sognato è tradimento.
Portai le preci a Tito:
poco il labbro parlò ch’a i mesti lumi
lasciai l’uffizio: e questi impiegar tutta
la facondia del pianto.
Ma Tito ancor più crudo
Del crudel Radamanto,
lodò il mio dir, e niegò il dono: e disse,
che Fato irrevocabile già scrisse.
Manlio
Son Reo, bella Servilia, e Reo di morte
Il fratello t’uccisi.
Servilia
Eh, che’al Fratel non penso: ed al pensiero
Il toglie la Cagione,
Per cui nel suol per la tua destra ei cade.
Penso a te del mio cor parte più cara:
Ma di perderti; lassa;
Or, ch’io sono in periglio,
Manlio, di te, di me, che mai sarà?
Manlio
Sia ciò che vuol fortuna,
ch’a te dovunque io sia sarò fedele. Servilia piange.
Non pianger più; l’avversa
Malignità degli Astri
Meco sopporta, e soffri
L’ingiustizia del Fato,
che’al nostro amor sempre Nemica fù. Piange Servilia.
Deh: cara anima mia, non pianger più.
Senti: a Tito ritorna.
Gl’oblighi tuoi, gl’oblighi miei tu esprimi;
Perché a me fra quest’ombre
Di venir ti concesse:
Digli, che per portarmi alle sue piante
Nel labbro tuo la supplica presento.
Servilia
Speri con le preghiere
Duro ammollir quel core?
Manlio
Spero, che Tito a Manlio è Genitore.
Servilia
Parto contenta
Volto vezzoso
Labbro amoroso,
e sperar voglio,
Che l’aspra sorte
Si cangierà.
Il Ciel irato
Forse placato
Al gran cordoglio,
Il dolce balsamo
Ci recherà.
Parto &c.
SCENA II
Manlio, Lucio, che sopragiunge leggendo,
Servilia.
Manlio
Toglie, s’ella più resta,
Al mio cor sempre forte
Parte del suo vigor: e indebolisce
La mia Costanza.
Lucio
Manlio.
Manlio
(Lucio!) amico; se pure
Il mio perfido Fato
D’amico il nome, e l’opre a te non toglie,
Lucio
A te nel Carcer tenebroso, e cieco
E morte, e vita areco. Gli presenta la Sentenza di Tito
e Manlio la legge
Manlio
A Manlio che la legge
Del Senato, e del Consolo nel Campo
De Nemici Latini
Non ubbidì, e Geminio
Lor Duce svenò in singolar cimento.
Quando nova dal Mar sorge l’aurora
Recisa sia l’indegna testa, e mora. Manlio confuso pensa.
Lucio
Degno Campion del Tebro: al tuo valore,
Ah! Che mal corrisponde
La Patria sconoscente:
e fa più che da Giudice, e da Padre
Teco Tito crudele,
Le parti da Tiranno.
Manlio
(È ver: peccato è trasgredir la legge) a parte
Lucio
Fuggi da questi orrori:
Ti attendono se vuoi palme, ed Allori.
Manlio
Allori a Manlio? Eh Lucio, ben un tempo
Più d’un allor mi circondò la chioma
Ora l’eroica fronda
Anche indegni a mirar son questi rai.
La legge è trasgredita ed io peccai.
Lucio
O dimi: in questo foglio
L’essercito Latino
Me per suo Duce acclama.
Io per giovarti sol non perché il grado
M’alletti, o m’innamori
Accetterò l’offerta; ed or ch’è sorta
La notte, e che riposa,
Per sorger poi più vigorosa, e forte,
la pena a darti morte;
in Roma bellicose
Introdurrò le schiere:
e togliendoti a Ceppi, ed alla scure.
Alzerò tuo Campione, aste, e Bandiere.
Manlio
Ah! Lucio: ben si scorge,
Ch’il Tebro al tuo Natal non diè le fasce:
e che non sai qual sia
Petto Roman, ch’intrepido resiste
A’i colpi della sorte.
Il carcere io non veggo;
Non sento le ritorte.
Lucio
(Lucio, che ascolti?)
Manlio
Sempre il favor della Patria, e quanto aspetta
A cittadin fedele
Io fedelmente oprai:
ne veggan del Tarpeo gl’incliti Eroi,
che strugga Manlio i benefizj suoi.
Servilia: ora ben veggo,
che son bugie di sopor cieco i Sogni.
Vergognoso Teatro
Di Manlio alle Vittorie è il Campidoglio.
Sono applausi gli obbrobrj,
Trofei le calpestate
Trombe della mia fama;
La scure è il Sacro alloro:
Fa il Carnefice infame
Della gloria la vice; e Carro eccelso
Del mio Trionfo in popolata arena
Dell’orrendo spettacolo è la Scena.
Servilia piangendo.
Servilia
Pena maggior non v’è della mia pena
Manlio
Mia Servilia: va: parti
Bell’alma senza colpa; udir non dei
Quest’ordine di pena, anzi di morte
Apparato funesto
Loco pe’ gl’innocenti, ah, non è questo.
Lucio
Io parto.
Manlio
A Tito narra,
che di mia giusta morte
bacio il decreto: bacio
chi me l’arreca, e bacerò il ministro
essecutor, perché di lui ministro.
Aggiungi, ch’il mio labbro umile chiede,
se indegno è della mano
anche baciar di chi lo scrisse il piede.
Lucio
(O qual animo eccelso in lui risiede?)
Chi seguir vuol la costanza
O’ non cerca il suo contento
O’ tradisce il suo piacer.
Che se il bene è in lontananza
Troppo costa al debil core
Di sospiri, e di tormento
Finché giunga al suo goder.
Chi &c.

SCENA III
Manlio, e Servilia
Manlio
Servilia: tu qui resti, e quel tormento,
che non mi dà l’annunzio
del mio morir vicino, or tu mi dai.
Và: con Lucio.
Servilia
Sì; vado: ora che veggo;
che per fuggirmi corri
Incontro alla bipenne;
e per far onta all’amorose faci,
pria, che baciar la Sposa,
Al Carnefice Reo tu porti i baci Mostra di partire
Manlio
All’affetto d’Amante… Si volta, e vede Servilia
Servilia tu non parti?
Servilia
Io movo il piede.
Manlio
All’affetto di Moglie…
Servilia
Come…
Manlio
Ancor qui!
Servilia
M’affretto.
Manlio
Virtù d’Eroe… si volta e la vede.
T’intendo.
Servilia
Vedimi.
Manlio
Restar tu vuoi lo veggo, e il so
Qui per più tormentarmi: io partirò.
Servilia
Non mi vuoi con te ò crudele
E pur sono à te fedele
E pur teco io vuò morir.
Manlio
Se ben parton gl’occhi miei
Tu negl’occhi ogn’ora sei
E mi dai pena, e martir.
Servilia
Non mi vuoi con te ò crudele
E pur sono a te fedele.
Manlio
Di te amante ancor fedele
Servilia
E pur teco io vuò morir
Manlio
Io sarò nel mio morir.
SCENA IV
Appartamenti.
Lindo, e Vitellia.
Lindo
Signora: d’ogni intorno
Stanno genti raccolte:
Stretti sono i discorsi,
Folte le radunanze.
Vitellia
Affretteran di Manlio
La Stragge co’ lor voti: e accuseranno
D’interessato troppo
Nell’affetto di Padre
Il Genitor, che prolungò sua vita.
Lindo
Manlio non morirà?
Vitellia
Sì, morirà; ma quando more il Sole
Tu và; ciò che ragiona
Sempre loquace il volgo
Di penetrar procura
Pria, che venga l’orror di notte oscura.
Brutta cosa è il far la spia
Mà far tutto ogn’ora suole
Chi il pan d’altri hà da mangiar.
Può anche dir qualche bugia
E mischiar delle parole
Onde il Serio, col facetto
S’abbia un poco da imbrogliar.
Brutta &c.

SCENA V
Lucio, e Vitellia
Lucio
Bella Vitellia;
Vitellia
Fosti al Prigioniere? Intese
L’annunzio della pena à i suoi delitti?
Lucio
Il foglio lesse.
Vitellia
Lesse?
Lucio
E la costanza,
virtù di chi è Romano,
forte mostrò nell’incontrarlo invitto.
Vitellia
Tollerenza sforzata
Non è virtù.
Lucio
Servigio della Patria
Fù Geminio traffitto.
Vitellia
E mancante di fede il suo servigio
Lucio
E me, che fido sono
Servo di tua beltà, tu pur uccidi.
Vitellia
Qual vanti servitù, s’oggi comincia?
Lucio
Che de tuoi rai cocenti
Ardo, e lunga stagion; se ben la fiamma
In questo dì si scopre.
Vitellia
Merto di servitù sol vien dall’opre.
Lucio
Dimmi, che oprar dovrò, perché quel ciglio
Splenda per me sereno.
Vitellia
Tu mi reca di Manlio
Il Capo tronco, ed’io t’avrò nel seno.
A te sarò fedele
Se fido a me sarai
Usando crudeltà.
Se da me tu vuoi la vita
Aprir dei cruda ferita
Che vitale a te sarà.
A te &c.

SCENA VI
Lucio solo
Lucio
Manlio mi baciò in volto; e in ricompensa
Il suo capo reciso
Io porterò d’un’empia Donna al piede?
Non sia mai ver; non serbo
Alma di tigre in petto;
Ne la crudel Vitellia;
Avezza sempre ad essere spietata
Con questo cor fedele,
insegnerà al mio core
Il divenir crudele.
Già la sua crudeltade
Mi scioglie dai suoi lacci,
E sa pormi in oblio la sua beltade.
Lascio… ma come, ò Dio;
S’oppone il core amante al labbro mio?
Ah tutto il suo rigore
Estinguere non puote
In questo seno il troppo acceso ardore;
E piena l’alma mia
Del barbaro dolcissimo sembiante
Finge di non curarlo, e pur l’adora,
Dice di non amarlo e l’ama ancora:
Non basta al labbro
Sprezzar l’amore
Forz’è ch’il core
Non voglia amar
Quel non è fabro
Di nostra mente
Sol v’acconsente
Col favellar.
Non & c.
SCENA VII
Tito, Servilia e detto.
Tito
Ch’ei venga à me dinanzi,
In virtù di tue preci
Servilia comandai.
Lucio
Baciarti il piede
Prima di spirar l’alma
Signor, Manlio ti chiede.
Tito
Manlio tosto frà ceppi a me sia scorto.
Servilia
(Di questo cor dolcissimo conforto.)
Tito
No che non vedrà Roma
Su queste luci il pianto,
Son tutto crudeltà.
Già la pietade è doma,
E nel mio core in tanto
Ricetto più non ha.
No & c.
SCENA VIII
Manlio e detti.
Manlio
Padre: Tito: Signor: a queste labbra
Pria, che porgan le preci
Baciar tua invitta destra ora permetti.
Tito
Chi dee baciar la faccia della morte
Del Giudice la mano
Baciar non è più degno.
Servilia
(Che implacabile cor)
Lucio
(Che fiero sdegno)
Manlio
Bacierò in essa il folgore, o almen l’orme
Del folgore; che scrisse.
Bacierò di giustizia
Le Sante leggi, e bacierò…
Tito
Non posso
Mirar più di quel volto… in quest’atto
Manlio li bacia la mano
O temerario cor, la man baciasti?
E da me non concesso il don rubasti?
Servilia
(Cielo porgigli aita.)
Tito
(Infido bacio
Con vigor penetrante
Dalla man per le vene al cor sei giunto.
E introduci pietà dov’è il rigore.)
Servilia
Manlio
Manlio
Servilia
Manlio e Servilia
O amore
Tito
Troppo ardito Roman: sei reo di Colpa.
Manlio
Il tuo comando trascurai.
Tito
La legge
Del Senato offendesti.
Manlio
La giusta legge offesi.
Tito
E Geminio uccidesti.
Manlio
Geminio uccisi.
Tito
Gravi
Rendono queste accuse i tuoi delitti.
Manlio
Giudacate da te son le mie colpe.
Tito
Le conobbe il Senato,
Le giudicò la legge: ella prescrisse
La morte che leggesti; e Tito scrisse.
Manlio
Piego pria, ch’alla scure
Il capo a te; precede
Il mio duol la bipenne:
Il duol che mi trafigge: e dalle labbra
L’alma nel suo partir ti bacia il piede.
Tito
Levati.
Lucio
Io moro.
Tito
(Intenerito io sono, e quasi viene
il pianto a queste luci.)
Figlio: l’amor di Padre io desto in seno;
Ma perché non oblio quel della legge;
E perché andar impuni
Non denno i gravi errori
Se ti niegai la mano,
Queste braccia ti do.
Vattene e muori.
Servilia
(Crudele)
Lucio
(Astri inclementi.)
Manlio
La grazia per cui venni, o Tito ascolta.
Servilia a cui svenai
L’adorato Germano, e che la pace
Già ti portò dall’innocente colpa,
D’esser Latina assolvi.
Con occhio di pietà mira i suoi casi.
Da te non parta, e sia
Degna del tuo favor l’Anima mia.
Tito
A Servilia di Tito
Anche l’amor prometto:
Se non del Figlio, avrà del Padre il letto.
Al Carcere tornate il Prigioniero.
Vieni o Lucio.
Lucio
(In amor io che più spero?)
SCENA IX
Servilia, e Manlio
Servilia
Ingrato Manlio: ascolta.
Perché a un altro m’abbracci, a me t’involi?
Manlio
Tito sia tuo Consorte:
Abbraccia il tuo destin; io vado a morte
Servilia
Ferma: sol per donarmi ad un Tiranno
Qui nunzia dei tuoi prieghi
Me a pregiudizio mio venir facesti?
Manlio
Tito non è Tiranno:
Nemico io solo fui delle mie glorie:
Già che mie colpe son le mie vittorie.
Servilia
Manlio: ò Dio tu mi lasci?
Manlio
Ti lascio, ed a te lascio
La fè d’amante pria, poscia di Sposo.
La supplica ti lascio
Di conceder perdono
A chi il Fratel t’uccise, e all’onorata
Cagion, per cui l’uccise.
Lascio la pace al cor, e in fin ti lascio
L’ultima mi preghiera
D’amar Tito, la Legge
La volontà degli’Astri; e la tua sorte,
Roma, la mia costanza, e la mia morte.
Servilia
Ah! Ch’l più non mi lasci, e teco porti.
Manlio
Che lasciarti di più, che mai poss’io?
L’alma? Qua giù non resta.
Il Cor! E’ della Patria e non più mio.
Ti lascerei
Gl’affetti miei;
Ma questi meco portar io vò.
Colassù fra gl’alti Dei
Pudico amante t’adorerò.
Ti lascerei & c.
SCENA X
Servilia sola
O tu, che per Alcide,
La notte prolungasti:
Per me, deh, quest’ancora
Prolunga si, che più non venga aurora
Ne il sol, dalle cui luci
Spuntar a gli occhi miei l’alba si scorge,
Abbia l’occaso all’or, che l’altro sorge.
Sempre copre notte oscura
La più pura luce al giorno,
Ne già mai faccia rittorno
Nuovo sol, e nuova Aurora.
Senza moto, e mormorio
Resti il vento immoto, e l’onda
Al mio pianto sol risponda
Pietosa Eco infin ch’io mora.
Sempre copre &c.
SCENA XI
Strada fuori di Roma con veduta del Tevere.
Vitellia e Lindo.
Vitellia
Tu il vedesti!
Lindo
E à momenti
Dal carcere fra i littori
Andrà in Catene al taglio della Scure.
Vitellia
Io, io con questa mano
Gli benderò le luci:
Farò, ch’a viva forza
Pieghi al suol le ginocchia: e più dal tempo
Termine a uscir di vita
Quel tiranno d’amor già non attende.
Lindo
Vedi, ch’il novo Febo in Ciel risplende.
Mi fa da piangere
La sorte misera
Del poveretto
Fra lacci stretto
Che va a morir.
Io vorrei frangere
Con le mie lagrime
Quelle catene
Ch’ìn tante pene
Lo fan perir.
Mi fa da & c.
SCENA XII
Lindo, Servilia, e Vitellia.
Lindo
Servilia viene.
Vitellia
Al fine,
O Servilia…
Servilia
Vitellia.
Vitellia
Di Manlio irreparabile la stragge.
Servilia
Ingiusto guiderdone alla virtude.
Vitellia
Sembianza ha di virtù, ma o fasto vano
Di cor suberbo, e altero.
Servilia
Sempre degno e d’allor valor guerriero:
Lindo
Ecco Manlio: Vedetelo.
Vitellia
Pur viene.
SCENA XIII
Manlio, Soldati e Littori, Lucio e detti.
Manlio
(È qui Servilia?) bella
Vado, dove si vieta
Più ritornar colà, donde si parte.
Ne gl’amori, ne gl’odi,
Perdona se t’offesi;
Sol m’è grave il morir, perché m’è tolto
Celebrar con la Spada
Tuo merto illustre, e far più grande il tuo nome.
Servilia
(Morir mi sento)
Lucio
(Io dall’acerbo duolo
Sento passarmi il cor.)
Manlio
Vitellia; parto
Più non avrai negl’occhi,
Chi ti svenò l’Amante.
Perdono a te non chieggo,
Poiché allor, che l’uccisi,
Ignoto era il tuo foco, io: io nol sapea;
Ne con te di sua morte ho l’alma rea.
Vitellia
Va pur alla bipenne,
Barbaro dispietato.
(Mio Geminio svenato!)
Manlio
Servilia, de tuoi sguardi
Manlio degno non è? Nulla mi dici?
Servilia
O mio sol che tramonta
Manlio degno Campion di sette Colli
Specchio d’onor, e di valor essempio,
Manlio; và in pace: và de tuoi trionfi
A goder frà le stelle
La gloria degl’Eroi: và ch’al tuo Crine
Son preparate in Cielo
Le stellate Corone:
E a te serbato fu
Dal primo infra gli Dei… non posso più.
Lucio
Guidatelo, ò Littori.
Servilia
Ahi! Tanta fretta?
Manlio
Vengon. Lucio: con questo
Bacio, che di mie labbra è a te il secondo,
Pregoti contro Roma
Non portar l’armi de Latini: Lascia
La cara Patria in pace: e tu la pace
Rendile, Ch’io le tolsi
Quando Geminio provocato, uccisi.
Lucio
Signor; con l’alma mia, che teco viene,
Teco porta la fede,
Che dà questa mia destra alla tua destra
Manlio a Servilia
Un solo amplesso almeno
Servilia
Manlio t’abbraccio;
Lucio
(E di Vitellia in petto,
Il core non si spezza!)
Manlio
Dal labbro di Vitellia
Queste grazie non chiedo,
Elle sarieno offese
Vitellia
E più m’offendi
Con tua dimora: và:
Manlio
Senza baciarti
Vado, cruda Vitellia,
Dove per la mia morte ardon le faci.
Vitellia corre dietro a Manlio
Vitellia
No: Manlio ferma: ecco gli amplessi, e i baci.
Lucio
Ciel.
Manlio
Vitellia
Vitellia
Fratello.
Manlio
Lasciami.
Vitellia
Teco io venir voglio
Servilia
Anch’io
Manlio
No: fermatevi: il vanto
di morir per la Patria: e allor ch’io moro
Lasciar di nuovi allori
Coronata sua fronte, a me si ascriva.
Vitellia
No.
Servilia
No.
Manlio
Restate.
Popolo
Viva Manlio: Viva.
Manlio
Quai popoli.
Servilia e Vitellia.
Quai voci.
SCENA XIV
Decio con Falangi armate, e detti.
Decio
Viva il Marte del Tebro: itene voi
Nostro è Manlio Guerrier, non più di Roma
Di Lauro vincitor degna è sua chioma.
gli mette l’allor in capo.
Servilia
(O giusti numi.)
Manlio
Amici:
A voi, per voi rinasco:
Lucio
(Io volo a Tito.)
Decio
Va pur al genitore: e ben si denno
I già pronti obelischi al tuo valore.
Vitellia
Al Ciel porgiamo i voti.
Servilia
Et ad’ amore.
Manlio
Doppo si rei disastri
Torna la calma al sen.
L’empio tenor degl’Astri
Non più mi toglie al core
Di pace il bel seren.
Doppo & c.
SCENA ULTIMA
Tito e detti.
Tito
Non morì Manlio? vilipeso in Roma
È il comando del Console? di Tito?
Decio
Questi non più di Roma,
Non più di Tito Figlio,
D’empio Cloto sottratto al ferro indegno;
E del Romano Marte
Sua conquistata deità Guerriera.
Il vegga Tito, e veggalo il Senato.
Il fil de nostri brandi
Raggruppò di sua vita oggi lo stame;
Che non si dee; Gran Tito,
A chi merta l’allor, la scura infame.
Tito
(Tito: che vedi?)
Decio:
E ’l voler delle Squadre
Legge alla Legge: In mano
Chi tiene Roma, Impero hà sul Romano.
Manlio: Figlio: alla Patria
Vivi, ed al Padre: e questa
Nel tuo nuovo Natal virtute impara.
Quel Cittadin, che vago è di vittoria,
Della sua Patria cerchi
L’ubbidienza pria, poscia la gloria.
A Servilia, che degno
E d’amor, e di fede è al mondo essempio;
e Che diverso in petto
Il core hà da i natali;
Stringi la man di Sposa.
Manlio
Mia vita.
Servilia
Mio tesoro
Manlio
Quanto il sogno mi diede al fin posseggo.
Lucio
Signor: fà che ritrosa
Vitellia a me s’annodi, e alla tua destra
Dò l’armi de Latini, ed il comando.
gli dà la Lettera dei Latini
Del Caduceo disponi tù, e del brando.
Vitellia
Spontanea ecco la destra.
La pace abbia la Patria; e con l’Ulivo.
Decio
E con l’allor di Manlio
Servilia e Decio
Oggi si scriva
Viva l’Eroe del Campidoglio.
Tutti
Viva.
Coro
Sparì già dal petto
La tema, e’l dolor;
la gioia, e’l diletto,
Gia Scherza sul core.

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